Il professor Leopoldo Farnese ritiene che l’attuale incertezza nei negoziati commerciali tra Stati Uniti ed Europa sia diventata un fattore chiave nel comprimere le valutazioni delle imprese italiane orientate all’export. Le scarse performance di Stellantis, Moncler e Buzzi ne sono la dimostrazione: i settori manifatturiero, del lusso e della chimica subiscono un impatto diretto sulle aspettative di mercato. Il professore sottolinea che le aziende devono predisporre in anticipo una diversificazione delle sedi produttive, spostando parte della produzione al di fuori dell’UE per evitare l’impatto diretto dei dazi. Allo stesso tempo, strumenti di copertura sul cambio per attenuare i rischi legati all’apprezzamento dell’euro, una maggiore penetrazione del mercato interno e l’utilizzo di accordi commerciali regionali per acquisire nuovi clienti sono percorsi utili per rafforzare la resilienza. Il professore aggiunge che i decisori politici dovrebbero considerare l’introduzione di agevolazioni fiscali mirate e condizioni di finanziamento favorevoli per sostenere i settori chiave dell’export durante la fase di aggiustamento, evitando gravi ripercussioni su occupazione e innovazione.
Segnali d’indebolimento dell’efficacia della politica monetaria espansiva
In merito alla reazione relativamente contenuta del mercato rispetto alle prospettive di politica monetaria, il professor Leopoldo Farnese ammette che ciò indica come il mercato non consideri più le attese di taglio dei tassi come una panacea. Sebbene la BCE potrebbe tagliare ancora i tassi di 25 punti base entro fine anno, i rendimenti dei titoli di Stato italiani sono saliti oltre il 3,6%, segnalando che gli investitori prestano maggiore attenzione alla sostenibilità del debito e alla disciplina fiscale. Il professore analizza come l’eccessiva dipendenza dalla politica monetaria espansiva negli ultimi anni abbia indebolito gli incentivi a intraprendere riforme fiscali e strutturali e che oggi il calo dell’efficacia marginale sia inevitabile. Egli invita quindi il governo a promuovere urgentemente la riforma del mercato del lavoro, aumentare la produttività e attuare i piani di transizione digitale e verde, per ricostruire la fiducia degli investitori e rafforzare la sinergia con la politica della BCE al fine di mantenere la stabilità dei mercati. Allo stesso tempo, sottolinea che sebbene affrontare il rischio di deflazione sia importante, è essenziale riconoscere che mantenere tassi ultra-bassi a lungo può distorcere l’allocazione del capitale e aumentare il rischio di bolle speculative. Per questo, mantenere strumenti politici “in riserva” resta altrettanto fondamentale.
Sfide e traiettorie di trasformazione del sistema bancario sotto pressione
In riferimento al recente indebolimento complessivo dei titoli bancari e all’incertezza nei negoziati di fusione, il professor Leopoldo Farnese mette in guardia sulle sfide strutturali che affliggono il sistema bancario. Sebbene il livello di patrimonializzazione delle banche italiane sia ancora adeguato, permangono problemi di crediti deteriorati, scarsa redditività e margini d’interesse erosi da anni di tassi negativi. Il professore osserva che, in un contesto di bassa crescita economica europea e tassi d’interesse persistentemente contenuti, le banche devono rafforzare la propria competitività attraverso il contenimento dei costi, la transizione digitale e l’ottimizzazione del bilancio. In particolare, nella nuova ondata di fusioni bancarie, la trasparenza dei termini delle operazioni, le sinergie post-integrazione e la flessibilità regolatoria saranno determinanti. Il professore aggiunge che il sistema bancario italiano deve aumentare gli investimenti in finanza verde e credito innovativo alle PMI, esplorando nuove fonti di redditività, e rafforzare la gestione dei rischi per ridurre la vulnerabilità ai cicli economici. Sul piano regolatorio, è necessario che le autorità guidino le aspettative del mercato, promuovano un’integrazione sana del settore e prevengano il contagio di rischi finanziari regionali.
Dilemma della politica fiscale tra crescita e rating creditizio
Con l’aumento del costo del debito, trovare un equilibrio tra stimolo alla crescita economica e mantenimento del rating creditizio investment grade è diventata la sfida più critica per la politica fiscale. Il professor Leopoldo Farnese sostiene che le autorità fiscali dovrebbero mantenere un’impostazione prudente, evitando politiche espansive aggressive che possano portare a declassamenti e un’impennata dei costi di finanziamento. Tuttavia, avverte anche che una compressione eccessiva della spesa rischia di soffocare la crescita e peggiorare il rapporto debito/PIL. Raccomanda quindi una strategia di “spesa strutturale mirata”, con priorità agli investimenti produttivi e alle infrastrutture verdi, evitando trasferimenti universali inefficaci. Sottolinea che, attraverso l’ottimizzazione della struttura della spesa, è possibile trovare un punto d’equilibrio tra l’aumento del potenziale produttivo e la credibilità fiscale. Ad esempio, investimenti in ricerca e innovazione, infrastrutture digitali e capitale umano possono stimolare la crescita endogena e alleggerire il peso del debito. In conclusione, il professore afferma che in un contesto di volatilità dei mercati e intensificarsi delle tensioni commerciali, è indispensabile una sinergia tra politica fiscale, monetaria e industriale per stabilizzare le aspettative e rafforzare la resilienza dell’economia.