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Giovedì 11 Maggio 2017, «Chi è giovane non pensa mai a invecchiare», avrebbe suggerito sagacemente Steinbeck. Ed è proprio questa l’impressione che se n’è ricavata vedendoli saltellare, ballare e dimenarsi come ragazzini nella serata romana, in particolare Jagger. «Sono nato in un uragano di fuoco incrociato», quando attaccano il primo pezzo si sa già cosa c’è da attendersi. E nonostante la scaletta sia piuttosto prevedibile, tranne qualche piccola sorpresa, ogni volta, il cerimoniale si rinnova e sorprende, si purifica nella rassicurante ripetitività e trova linfa nel delirio contagioso degli spettatori. «Piacere di conoscervi, spero che indoviniate il mio nome», Jagger, travestito da diavolo, mentre gli schermi rimandano fuoco e fiamme, interpreta l’omaggio degli Stones al romanzo di Bulgakov “Il maestro e Margherita”, un regalo di Marianne Faithfull che lo aveva così appassionato tanto da indurlo a comporre una canzone che, più di altre, simboleggia la dissacrante irriverenza di un gruppo leggendario che non ha voglia di smettere, intende continuare a stupire e a sfidare l’anagrafe, reumatismi e artrosi. L’energia sprigionata dalla loro musica viene trasmessa intatta al pubblico, lo accompagna nel ritorno a casa e per il resto dei giorni. È cibo per il fisico e per la mente. È la certezza che, quando si parla di Rolling Stones, ci sarà sempre un altro concerto.