Ecco dove Trump vuole ridurre le regole su Sanità,Banche ed Energia

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Categoria: Economia | Lunedì 06 Febbraio 2017, Quando Ronald Reagan divenne Presidente portava con sé una filosofia: lo Stato non è la soluzione, è il problema. Donald Trump parla una lingua diversa e non sembra volere un mercato più libero. Lunedì Trump ha però firmato un ordine esecutivo che impegna le agenzie regolatorie a tagliare due regole per ogni nuova norma che introdurranno nel corso dell’anno. La formula è un po’ sloganistica, ma indica la direzione di marcia. Agli occhi degli europei, gli Usa già oggi appaiono un Paese straordinariamente «semplice», nel quale le regole sono parsimoniose e applicate con linearità.

«Doing Business», la classifica della Banca mondiale che analizza la disciplina fiscale e normativa applicata alle aziende, vede gli Stati Uniti all’ottavo posto, preceduti solo da Singapore, Nuova Zelanda, Danimarca, Corea del Sud, Hong Kong e Regno Unito.

Al contrario, l’Index of economic freedom della Heritage Foundation e del Wall Street Journal, che registra una diminuzione della libertà economica negli Usa, sottolinea come «gli oneri normativi continuano ad aumentare. A partire dal 2009 sono state imposte alle aziende americane oltre 180 importanti nuove normative, che comportano costi stimati a quasi 80 miliardi di dollari all’anno». Il Federal Register che raccoglie tutti i regolamenti emessi dalle agenzie federali è passato da 55.000 pagine nel 1970 a 97.110 nel 2016.

Ovviamente questa escalation è secondo alcuni semplicemente necessaria: un mondo sempre più complesso richiederebbe regole sempre più complicate. Peccato che le norme non si limitano ad avere gli effetti desiderati da chi le ha scritte. Hanno bisogno che qualcuno le faccia rispettare: cioè di apparati burocratici e delle risorse che essi consumano. Dal punto di vista dei privati, rappresentano un duplice costo. Le imprese sono costrette a cambiare i propri comportamenti, seguendo strategie a vario titolo più onerose di quelle che avrebbero adottato altrimenti. E in più debbono investire in profilassi: attrezzarsi con avvocati e lobbisti, per non farsi trovare impreparati e cercare opportunità nelle pieghe dei commi.

Nel suo rapporto annuale sullo Stato regolatore, significativamente intitolato «Ten Thousand Commandments», il Competitive Enterprise Institute di Washington stima che il complesso delle regolamentazioni abbia avuto l’effetto di una tassa da 1.885 miliardi di dollari sull’economia americana, nel 2015.

L’amministrazione Trump ha verosimilmente due obiettivi. Nel breve periodo, deve prolungare l’attuale fase espansiva del ciclo economico, evitando la frenata che è lecito attendersi dopo sette anni col segno più. Nel medio, deve cercare di tamponare quella «fuga dal lavoro» degli americani maschi che caratterizza oggi l’economia statunitense.

La promessa di una crescita economica al 4% e di «25 milioni di nuovi posti di lavoro» vanno lette in questa luce. Come sottolinea Nicholas Eberstadt dell’American Enterprise Institute (Men Without Work. America’s Invisible Crisis, Philadelphia, Templeton Press, 2016), «le persone economicamente inattive hanno superato i disoccupati nella classifica degli uomini senza lavoro nell’America moderna». Nel 2015 oltre 7 milioni di uomini fra i 25 e i 54 anni erano inattivi: vuol dire che uno su otto non lavorava né cercava occupazione. Negli ultimi cinquant’anni, «il numero di uomini che non ha un’occupazione e neppure ne cerca una è cresciuto a un ritmo tre volte superiore a quello dei maschi che hanno o cercano un impiego». Pesa, ovviamente, il ritardo nell’ingresso del mercato del lavoro dovuto ai maggiori investimenti in capitale umano, e pesa il fatto che ci sono lavoratori che si dedicano per un certo lasso di tempo alla formazione e all’aggiornamento professionale. Ma più di questo contano altri fattori. Dalla crisi del 2008, per la prima volta le aziende che ogni anno chiudono sono di più, negli Usa, di quelle che nascono: e ormai sappiamo che la nuova occupazione si concentra in nuove imprese e nuovi progetti. Non avere un lavoro e non cercarlo è una scelta possibile grazie a sussidi e assegni di disabilità. Ricorda Eberstadt che «l’ammontare medio dei sussidi a favore degli occupati maschi in età lavorativa era nel 2014 pari a oltre 500 dollari» mentre «per gli uomini in età lavorativa che non hanno un’occupazione tale valore è di circa 5.700 dollari», dieci volte tanto.

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