L'Ulivo 2.0 di D'Alema e Bersani è una cosa seria cosi Renzi ora ha un problema

Approfondimenti su: Politica ultima settimana e Politica ultimo mese

Categoria: Politica | Giovedì 02 Febbraio 2017, "Poco lucido", "confuso politicamente": all'interno del partito c'è chi lavora per evitare la scissione, ma al tempo stesso non risparmia critiche al segretario. Il cui tentativo di ricucire promettendo primarie per la leadership in caso di elezioni anticipate è, copyright Carofiglio, "tecnicamente una sciocchezza"
Non ha ancora un nome né contorni definiti, ma il nuovo progetto politico di Massimo D’Alema (con annessa minaccia di scissione) è una cosa seria. Molto seria. E fa paura a Renzi e ai vertici del Partito Democratico. Al pari delle parole di Bersani, che all’Huffington Post ha preannunciato la creazione di un Ulivo 2.0 in caso di risposte ancora negative alle richieste di confronto da parte della minoranza dem. La questione, spiegano a ilfattoquotidiano.it fonti interne al partito, non è tanto il congresso e la data in cui farlo, quanto l’esigenza non più rimandabile di un cambio di metodo e di rotta nella segreteria dell’ex Rottamatore. Tradotto: basta con l’uomo solo al comando. In ballo c’è il futuro del Pd che, come sottolineano i sondaggi, non arriverebbe al 25% in caso di scissione dalemiana. Al contrario il listone unico della sinistra (copyright Vendola) punta seriamente a stravolgere i piani di Renzi.

Le adesioni sono in continuo aumento: il rischio è che a breve possano garantire la propria presenza anche pezzi grossi della galassia del centrosinistra. Nichi Vendola già c’è, al pari del governatore toscano Enrico Rossi. Resta da capire il futuro di Giuliano Pisapia e, soprattutto, di Michele Emiliano. Di più: c’è addirittura chi vede l’ex sindaco di Bari come possibile candidato premier della formazione dalemiana. Emiliano contro Renzi, insomma, come ormai accade da qualche anno a questa parte. Secondo la fonte del fatto.it l’ipotesi non è peregrina, anche se molto dipenderà dalla legge elettorale con cui si andrà a votare: con il maggioritario, del resto, l’indicazione di un papabile presidente del Consiglio non è contemplata, al contrario di quanto accadrebbe in caso di urne con i partiti uniti in coalizione.

Al momento è fantapolitica, anche perché all’interno del Pd ci sono esponenti di spicco che stanno lavorando alacremente per cercare di evitare una scissione che sancirebbe la fine del Partito Democratico, almeno per come è concepito oggi. In tal senso, il ragionamento di Bersani è chiaro: se strappo sarà, morirà il Pd, ma non l’idea fondante del Pd, che era e resta buona. Particolare non di secondo piano: in caso di divisioni, è praticamente scontato che quasi tutti i fondatori abbandoneranno Renzi, col paradosso di dar vita a un soggetto politico che punterà ad affossare il partito che hanno contribuito a creare. Un particolare non di secondo piano, su cui si concentrano gli sforzi degli sherpa interni ai dem. Con un obiettivo ben preciso: aprire al dialogo e far cambiare modus operandi a Renzi, definito in uno stato di “poca lucidità” e di “confusione politica“. L’ultima dimostrazione è stato il messaggino inviato a Giovanni Floris. Con la reprimenda anti-vitalizi il segretario ha scontentato varie anime dem: chi lo accusa di inseguire Beppe Grillo e il suo populismo, chi ai vitalizi neanche pensa più perché ha già maturato il diritto ad averli, i giovani deputati fedeli e non (che non possono ragionare su soldi che vedrebbero a 65 anni) e chi rischia di non essere ricandidato.

>> continua a pagina 2 >>


Questa pagina usa cookie tecnici. Accetta