La lunga storia di Converse e NBA

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Categoria: Sport | Giovedì 27 Luglio 2017,

Converse All Star e Chuck Taylor RTR Sports Marketing Quando ero ragazzino non mi vestivo in maniera diversa per andare a giocare a calcetto o a basket. Uscivo da scuola e andavo a giocare con lo stesso outfit della mattina. Magari cambiavo la maglietta (vuoi mettere la bellezza di arrivare al campetto con la maglietta della Real Sociedad o con la canotta, già allora vintage, di Penny Hardaway?) ma a cambiarmi le scarpe non ci pensavo neanche. Si stava in strada o al parco dove era tacitamente vietato giocare a fare i professionisti, almeno se non si era bravi davvero. Una volta sono andato a giocare a basket con le mie Converse All-Star perché quello era il paio di scarpe mio e di chiunque altro in quel periodo. Mi sentii a mio agio come un manager di una multinazionale che si presenta in infradito al meeting di fine anno. Quel giorno non avevo idea di chi fosse Chuck Taylor. Dwayne Wade era ancora nel freddo Winsconsin, all’università di Marquette, e la Miami dei suoi trionfi appariva una ipotesi lontana anche a lui. Non avevo ancora iniziato a divorare le cassette delle partite tra i Lakers di Magic e i Celtics di Bird, anche se lo avessi fatto non mi sarei mai interessato a quale marca di scarpe usassero. Tutti avevano giocato con le Converse ma allora non c’era Wikipedia a dirmelo. Poco male perché non avrei mai creduto neanche a Wikipedia quel giorno, tornando a casa con delle considerevoli vesciche. Il signor Chuck Taylor a metà degli anni dieci del secolo scorso era bravo in quel gioco col canestro che facevano a scuola e che era stato inventato non tanto tempo prima in Massachusetts e che chiamavano basketball. Taylor continuò a giocarci tutta la vita e, quando lo spedirono in guerra, lui allenò la squadra dell’esercito. Non poteva sapere che nella Akron dove giocava per la squadra locale, gli Akron Firestone Non-Skids, sarebbero nate le due icone moderne di quel nascente sport: tali Curry Stephen e James Lebron. Chuck soprrattutto, neanche nelle sue fantasie più sfrenate, avrebbe potuto credere che, un secolo dopo, sarebbe esistita una lega con squadre in grado di elargire contratti milionari a delle persone solo per farle giocare.

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