Metti, una sera a cena: il film che racconta l'infedeltà di coppia da un punto di vista concettuale

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Categoria: Cinema | Lunedì 04 Gennaio 2021, Se è vero che la trama esibisce fin troppe forme di vezzi intellettuali e fumisterie assortite – ostentando una ricchezza di contenuto che non sempre trova riscontro nella sostanza – è altrettanto vero che il film funziona, specie se lo contestualizziamo in relazione all’era post-rivoluzionaria in cui uscì (1969). Funziona ancora oggi, a nostro avviso, in ottica provocatoria, un’ottica che un tempo avrebbero etichettato come piccolo-borghese, di un gruppo di persone edoniste, rigorosamente avulse dalla gelosia, che vivono le proprie relazioni come puro e semplice status sociale, senza probabilmente neanche godersele. Anche se, in tutta onestà, quel finale speculativo e logorroico rischia di sembrare quasi inconcludente, perso tra allusioni più o meno esplicite a Platone, Omero e alla Cina dell’epoca. Celebre per essere stato l’esordio sia di Florinda Bolkan (che poi sublimerà la propria presenza in Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto e Non si sevizia un paperino) che di Lino Capolicchio (La casa dalle finestre che ridono), il film divenne celebre per i dialoghi concettuali e speculativi che molti, probabilmente, hanno più finto di capire che apprezzare. Diretto nel 1969 da Giuseppe Patroni Griffi, venne anche da lui sceneggiato sulla base di un suo omonomico copione teatrale, in collaborazione con l’allora esordiente Dario Argento.

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