Antonio Fazio disoccupazione e povertà grandi mali dell'Europa

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Categoria: Economia | Venerdì 20 Gennaio 2017, "Nell'economia bisogna saper leggere le conseguenze di ciò che si fa. Questo aumento delle diseguaglianze non è uno tsunami improvviso: è l'effetto della strada che abbiamo imboccato in Europa e delle politiche che si stanno facendo. E la fonte più importante di diseguaglianze sociali è la disoccupazione. I posti di lavoro persi, derivanti da una caduta del reddito nazionale che è stata dell'8%, producono come effetto l'aumento della povertà. Sono i nostri grandi mali. Quel meno 8%, peraltro, è una media: dentro, c'è anche tanta gente che ha perso tutto".

Antonio Fazio, ex governatore della Banca d'Italia dal 1993 al 2005, in un'intervista al quotidiano Avvenire esprime il suo parere su un'economia internazionale sempre più afflitta da squilibri e disuguaglianze

"Anche negli Usa - risponde - c'è una grande concentrazione di ricchezza, ma in Europa il fenomeno è più accentuato. Crescono le disparità anche perché aumentano gli squilibri economici. Prendiamo l'ultimo Economic Report of the President (della Casa Bianca, ndr): fatto 100 il livello del 2008, l'economia degli Stati Uniti è cresciuta fino a 111 circa; la Gran Bretagna, che sta fuori dall'euro, è arrivata a 107; la Germania sta quasi allo stesso livello (106). L'Italia è raggruppata assieme ai cosiddetti stati Piigs (con Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), che da 100 sono crollati a 93. Quanto all'area dell'euro, tolti la Germania e i Piigs, in 7 anni è rimasta pressoché ferma, a 102".

Dov'è l'errore?

"La nostra Costituzione - risponde Fazio - è fondata sul lavoro, all'articolo 1. Nella stessa Carta si parla di "diritto al lavoro": ce ne siamo scordati. In Italia la disoccupazione è da troppo tempo attorno al 12%, e poi ci sono oltre 2,2 milioni di Neet (i giovani che non studiano e nemmeno lavorano, ndr). Anche il modo in cui viene gestito l'euro contribuisce a generare disoccupazione. Un'Unione monetaria richiede una omogeneità di strutture economiche che non c'è. In questo contesto il mercato dovrebbe essere in grado di recuperare margini abbassando il costo del lavoro per unità di prodotto, in modo da mantenere competitività nei confronti degli altri Paesi del sistema. Bisogna agire qui per riacquistare la flessibilità perduta in termini di cambio, bisogna recuperare investendo per guadagnare produttività. Così non si è fatto. In questi anni abbiamo perso reddito come non era avvenuto nemmeno nella crisi degli anni Trenta".

Ci vorrebbe un ministro delle Finanze europeo? "A marzo - risponde l'ex Governatore della Banca d'Italia - si celebrano i 60 anni dei Trattati di Roma. Ma quanti ricordano che - di quello spirito europeo degli inizi - abbiamo dimenticato totalmente la sussidiarietà e l'obiettivo primario della crescita? Ora in Europa si tende a centralizzare tutto. Per farlo ci vogliono però strumenti adeguati. E cambiare politiche: va bene l'inflazione da portare al 2%, va bene il controllo dei conti pubblici, ma in questa fase storica il vero obiettivo dev'essere il contrasto alla disoccupazione".

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