Castel Bolognese: "il grido che c'è nel cuore" Incontro con Silvio Cattarina, Sabato 11 novembre alla libreria Itaca

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Categoria: Notizie locali | Lunedì 06 Novembre 2017, Sabato 11 novembre 2017 alle ore 17 a chiusura della mostra “Van Gogh. Un grande fuoco nel cuore” (tenutasi dal 14 al 29 ottobre nell’ex chiesa di Santa Maria della Misericordia a Castel Bolognese) presso la Libreria Itaca (via dell’Industria, 249 – Castel Bolognese), con il patrocinio del Comune di Castel Bolognese, si terrà l’incontro con Silvio Cattarina e i ragazzi della comunità terapeutica educativa «L’Imprevisto» di Pesaro, che lui stesso ha contribuito a far nascere e che ora guida. Il titolo dell’evento è “Il grido che c’è nel cuore”.
Lo abbiamo incontrato per saperne di più.Chi è Silvio Cattarina?
Sono un trentino trapiantato a Pesaro dove vivo insieme a mia moglie Miriam con la quale ho avuto quattro figli. Mi sono laureato a Urbino in sociologia e subito dopo ho cominciato con don Gianfranco Gaudiano il lavoro di operatore presso la Comunità terapeutica di Gradara. Dall’incontro con don Gaudiano sono nati la Comunità terapeutica educativa per minori devianti e tossicodipendenti «L’Imprevisto», il Centro diurno, la Comunità femminile «Tingolo per tutti», le case di reinserimento, la Cooperativa sociale «Più in là» per percorsi formativi nella realtà del lavoro. Insomma, sono sempre stato con i tossici, sono cresciuto e invecchiato con loro, non sono mai andato da nessun’altra parte. Ed è più quello che ho ricevuto di quello che ho dato. I miei ragazzi mi hanno insegnato tutto, guai a chi me li porta via… Sono l’imprevisto della mia vita.E cos’è questo grido che c’è nel cuore?
È l’urgenza, il dolore, il desiderio di bene che ognuno porta nel cuore, soprattutto i giovani. Ci sono tantissimi giovani decimati dalla ferocia dell’insignificanza, dell’insensatezza, della distrazione. Eppure sono ragazzi belli, intelligenti, alti, fieri, curiosi, audaci. Ma sono come fragili ramoscelli scomposti sulle macerie del nostro vivere. Figli senza padri e senza madri, pur avendo i genitori presenti.Come far fronte a tutto questo?
Occorre chiamarli a un compito straordinario, speciale. Occorre la conquista di un tesoro prezioso, irrinunciabile. Bisogna imbattersi in un’avventura capace di affrontare le domande più forti, più audaci del cuore di ognuno. E ricominciare sempre da ciò che fa di ogni giornata una novità e uno spettacolo ammirabile.La Comunità aiuta a fare questo tipo di esperienza?
Sì. Se c’è una cosa che abbiamo capito stando così tanti anni con i nostri ragazzi è che essi vogliono essere figli, amici, fratelli. Non un problema, ma una persona inconfondibile, con una storia eccezionale. Vogliono sapere che il proprio dolore a qualcuno si può consegnare, affidare, donare. Il dolore non bisogna tenerlo per sé.
Occorre farne dono agli altri, a tutti. Allora diventa fecondo.È quello che accade all’ «Imprevisto»?
Nelle nostre comunità è fondamentale l’attenzione alla persona, alla verità del suo cuore. “Tu sei importante per me, tu vali, tu conti. Tu hai un grande compito, una grande responsabilità”, questo è quello che facciamo capire e sperimentare ai nostri ragazzi. È importante che il giovane senta che la sua vita è preziosa per gli altri, per chi gli sta vicino, che è necessario, importante per gli altri.E come si fa?
C’è un solo modo per capire la persona, un solo metodo: amare. Il cuore dell’altro si muove solo se è accolto, abbracciato, amato. Noi siamo nutriti, dissetati, giorno dopo giorno, dalla convivenza con i ragazzi delle nostre comunità. Siamo lieti.
Abbiamo visto che se diamo amore, ci ritorna indietro ancora più grande e ricco, bello e sovrabbondante, pieno di vita, di luce.

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