Contro lo stop di Trump ai rifugiati giudice blocca le espulsioni

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Categoria: dal Mondo | Domenica 29 Gennaio 2017,

Il divieto temporaneo d'ingresso negli Usa a rifugiati e cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana decretato dal presidente americano, Donald Trump, ha causato caos e indignazione in tutto il mondo, mentre a diversi viaggiatori è stato impedito l'ingresso nel Paese. Le misure approvate venerdì da Trump con lo scopo dichiarato di "proteggere il Paese dall'ingresso di terroristi stranieri" sono state immediatamente contestate davanti alla giustizia da un gruppo di organizzazioni per i diritti, che le accusano di incostituzionalità. Trump ha risposto alle critiche, mentre firmava nuovi ordini esecutivi: non si tratta di "un bando dei musulmani", ma di un provvedimento che "sta funzionando molto bene, lo vedrete negli aeroporti e ovunque". Ann Donnelly, giudice federale di New York, ha emesso un'ordinanza di emergenza che temporaneamente impedisce agli Stati Uniti di espellere i rifugiati che provengono dai sette Paesi a maggioranza islamica, ordinando che i rifugiati e altre persone bloccate negli aeroporti degli Stati Uniti non possano essere rimandate indietro nei loro Paesi. Ma il giudice non ha stabilito che queste stesse persone debbano essere ammesse negli Stati Uniti né ha emesso un verdetto sulla costituzionalità dell'ordine esecutivo del presidente. Il dipartimento dell'Homeland Security ha fatto sapere che rispetterà tutte le ordinanze giudiziarie ma che l'azioen esecutivo siglata da Trump resta in vigore. Secondo l'ordine firmato venerdì, per 90 giorni sono sospesi la concessione dei visti e l'ingresso a tutti i cittadini di Iraq, Siria, Iran, Sudan, Libia, Somalia e Yemen sino a quando non saranno adottate nuove procedure di vigilanza. Mentre l'ingresso è vietato a tutti i rifugiati per 120 giorni. Molte persone hanno risentito subito dell'impatto diretto delle misure, molto criticate dentro e fuori gli Stati Uniti. Genitori che arrivavano negli Usa per riunirsi con le famiglie, studiosi impegnati nelle università americane, rifugiati in fuga dalla guerra, sono stati le prime persone colpite dal provvedimento. Durante la giornata sono stati resi noti vari casi di viaggiatori a cui non è stato consentito di salire a bordo di aerei diretti negli Usa, in particolare da Egitto, Turchia e Olanda. Altre persone sono state invece bloccate all'ingresso negli Stati Uniti. A New York, più di una decina di persone è stata fermata all'aeroporto internazionale JFK, tra cui due iracheni che avevano visti speciali per gli Usa. Uno di loro, Hameed Jhalid Darweesh, è stato liberato dopo tre ore di detenzione e dopo l'intervento di varie organizzazioni e di due deputati democratici. Il 53enne aveva ottenuto un visto per sé e la famiglia, dopo aver collaborato per anni con le forze americane in Iraq. "Ho appoggiato il governo Usa dall'altro lato del mondo, ma quando arrivo qui mi dicono 'no' e mi trattano come se avessi violato le regole e fatto qualcosa di male", ha raccontato ai giornalisti, ringraziando per il sostegno molti statunitensi. A nome di Darweesh e di un altro iracheno fermato a New York, gli avvocati delle organizzazioni per i diritti civili hanno presentato una richiesta in un tribunale federale per domandare la liberazione di tutti quelli che siano stati colpiti dalla misura e perché non sia impedito l'ingresso del Paese secondo l'ordine di Trump. "La guerra contro l'uguaglianza del presidente Trump già sta avendo un terribile peso umano, non si può permettere che questo divieto prosegua", ha detto Omar Jadwat, direttore di American Civil Liberties Union (Aclu), tra i gruppi promotori del ricorso.

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