Scontro sul voto Consulta boccia ballotaggio Renzi pronto Fi frena

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Categoria: Politica | Giovedì 26 Gennaio 2017, L'Italicum è dimezzato. La Corte costituzionale, dopo oltre sei ore di camera di consiglio, detta le attese regole per riportare gli italiani al voto. E' illegittimo il ballottaggio, fiore all'occhiello della legge elettorale voluta da Matteo Renzi, ma non il premio di maggioranza al primo turno per chi raggiunge il 40% dei consensi. Sopravvivono capilista bloccati e pluricandidature, ma sarà un sorteggio e non l'eletto a scegliere il collegio in caso di vittoria multipla. Infine l'Italicum, così come corretto dalla sentenza, spiega la Corte, "è suscettibile di immediata applicazione".


In sintesi la legge resta apparentemente maggioritaria, ma sostanzialmente proporzionale proprio in virtù di un premio di maggioranza tanto alto e difficile, guardando i numeri di ogni singolo grande partito nel nostro panorama politico, da raggiungere. Di fatto proprio in virtù di un premio così proibitivo, la legge elettorale disegnata dalla Consulta potrebbe di fatto già "armonizzarsi" con il Consultellum vigente in Senato. Deduzione che per essere realistica deve però attendere le motivazioni che la Corte si riserva di rendere pubbliche non prima di un mese. Ad oggi quindi vi sono solo i confini "legittimi e costituzionali" del campo di gioco, dentro i quali ora i partiti dovranno decidere come comportarsi.

Si dicono soddisfatti gli avvocati che compongono il pool anti-Italicum. "L'ammissibilita' delle ordinanze di Trieste, Perugia, Torino e Genova è una grande vittoria di principio, e accentuata dal fatto che il Governo è stato totalmente sconfitto, avendo provato a difendere fino all'ultimo con le unghie e con i denti" la legge, spiegano. "La sopravvivenza di un premio di maggioranza al primo turno - affermano - è uno specchietto per le allodole perché nessuna lista allo stato attuale può aspirare al 40% dei voti, ciò di fatto rende la legge uscita modificata dalla Consulta ancora più proporzionale di quella del Senato". Ora, però, avvertono, Camera e Senato "devono lavorare per una legge elettorale che garantisca la democrazia e per questo sarà bene attendere le motivazioni della Corte costituzionale. I partiti devono apprendere la lezione impartita dalla Consulta". Più critico, invece, il legale rappresentante del tribunale di Messina, Vincenzo Palumbo: "E' stato fatto il minimo indispensabile -dice - Io avrei voluto che questa legge elettorale, fatta con un procedimento di dubbia costituzionalità che ha messo tra parentesi la rappresentatività del Paese, fosse eliminata. Così non è stato, la Corte ci spiegherà perché".
Il nodo comunque resta il Senato, non abolito dopo il fallimento delle riforme costituzionali, bocciate dal referendum del 4 dicembre. L'elezione dei membri a palazzo Madama resterà su base proporzionale con la preferenza unica non di genere e con soglie all'8% per i partiti che corrono da soli, 3% per quelli coalizzati che uniti superano il 20%. Due sistemi, evidentemente 'disomogenei', uno maggioritario e l'altro proporzionale puro, che però potrebbero trovare una sorta di armonizzazione se una lista ottenesse il 40% dei voti. In questo caso, infatti, in Senato porterebbe a casa il 47-48% dei seggi, avvicinando i due sistemi.

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