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Mercoledì 04 Gennaio 2017,
Nel 2015 i 140 esuberi accettarono l'indennizzo per laasciare la società in crisi. L'azienda di divani ora è pronta a realizzare una newco e un gruppo di loro si candida per ritornare al lavoro. Ma è polemica Restituire denaro all'azienda per farsi riassumere. Il lavoro in Puglia non ha prezzo. Lo sanno bene alcuni ex operai Natuzzi, pronti a dare dei soldi all'impresa produttrice di divani per tornare a lavorare. Ciò che sta accadendo nell'azienda di Santeramo in Colle potrebbe diventare un caso di studio. Gli ex dipendenti del gruppo di Pasquale Natuzzi sono disposti a ridare indietro all'azienda dai 20mila ai 30mila euro. Sono i soldi dell'incentivo all'esodo e del cosiddetto Piano assist, una misura inventata dall'azienda per liberrsi degli esuberi. Per capire meglio la storia bisogna fare un salto indietro a luglio scorso. In quel momento i rapporti tra Natuzzi e sindacati sono pessimi. L'azienda è tornata a lavorare nei suoi stabilimenti riportando in fabbrica circa 1800 persone. Sono rimasti fuori però in 355 e vengono tutti dichiarati in esubero. Di questi, 140 accettano l'incentivo per lasciare il lavoro: 40mila euro di contributo (più 1.500 euro per figlio a carico e 3.500 euro per la moglie) e 20mila euro del piano assist (5mila euro all'ex dipendente e addirittura 15mila euro di incentivo all'azienda che decidesse di assumerlo). In totale più di 60mila euro per abbandonare il gruppo. Gli altri 215 invece vengono licenziati in tronco. Dopo mesi di scontri fra le parti, a novembre scorso a Roma si raggiunge un accordo e Natuzzi accetta di rivedere il suo piano industriale riprendendo a lavorare tutti i 215 licenziati per realizzare una newco nello stabilimento di Ginosa. Il piano prevede di internalizzare alcune produzioni che fino ad allora Natuzzi ha esternalizzato, come la lavorazione della gomma necessaria a realizzare le imbottiture dei divani. Tutti contenti? Per niente. Poco meno di due settimane fa si viene a sapere che dei 215 fortunati riammessi a lavorare, solo in 32 hanno accettato la proposta dell'azienda. Gli altri 183 ex lavoratori hanno invece rifiutato la ricollocazione per continuare a percepire dall'Inps l'assegno di mobilità (1.200 euro lordi al mese). Un rifiuto che scatena l'indignazione degli stessi sindacati.