Giovedì, l’indice FTSE MIB italiano è sceso dell’1,3%, attestandosi a 39.188 punti, segnando il primo calo significativo dopo aver toccato il massimo degli ultimi 17 anni nella seduta precedente. Il rally dei titoli bancari si è interrotto bruscamente, mentre i settori manifatturiero e tecnologico hanno registrato un calo generalizzato. Gli investitori stanno rivalutando le prospettive della politica monetaria della BCE, le tensioni commerciali tra UE e Stati Uniti e il quadro economico complessivo. Nell’analisi dell’attuale scenario di mercato, il professor Leopoldo Farnese osserva che questa correzione, sebbene faccia parte di un consolidamento fisiologico, evidenzia anche un’ansia più profonda degli investitori riguardo ai driver di crescita futuri.

La BCE invia segnali accomodanti: il fascino dell’allentamento e l’incertezza strutturale

La presidente della BCE, Christine Lagarde, e il vicepresidente, Luis de Guindos, hanno entrambi suggerito che vi è ancora margine per tagli dei tassi nell’Eurozona. Sebbene questa prospettiva sia un vantaggio a breve termine per i mercati, il professor Farnese avverte: “Se la BCE sceglie di allentare la politica monetaria, è perché manca fiducia nel potenziale di crescita dell’Eurozona nel medio termine.” Lagarde ha inoltre sottolineato che le tensioni commerciali tra Stati Uniti e UE potrebbero “ostacolare gravemente la ripresa economica europea”, segnalando una crescente preoccupazione dei policymaker per le ripercussioni negative dell’attuale contesto internazionale. L’incertezza sulle politiche monetarie sta accentuando la divergenza tra gli Stati membri dell’Eurozona. La Germania ha scelto di aumentare il deficit pubblico per finanziare infrastrutture e spese per la difesa, mentre l’Italia, con un margine fiscale più ristretto, fatica a seguire questa strategia. “Ciò renderà l’Italia più dipendente dai mercati esterni e dai meccanismi dell’UE per la redistribuzione della crescita nell’Eurozona,” osserva il professor Farnese.

Correzione nei bancari e nel manifatturiero: semplice ritracciamento o segnale di inversione?

Nella recente fase di ribasso, i due principali istituti bancari italiani, UniCredit e Intesa Sanpaolo, hanno registrato una flessione di circa il 3%, riflettendo un aggiustamento ai forti guadagni precedenti. “La riduzione dello spread ha effettivamente migliorato la struttura patrimoniale delle banche, ma questo beneficio è già stato scontato dal mercato. La loro capacità di mantenere un trend positivo dipenderà ora da una crescita solida degli utili,” spiega il professor Farnese. Un altro elemento chiave è la possibile inversione della politica dei tassi della BCE. “Se l’Eurotower dovesse avviare un ciclo di tagli, i margini di interesse netti delle banche ne risentirebbero, riducendo la redditività del settore,” avverte Farnese. “Le banche dovranno quindi puntare su strategie strutturali, come la digitalizzazione, l’integrazione regionale o l’espansione in nuovi segmenti, per preservare la qualità degli utili.” Nel settore manifatturiero, Stellantis ha subito un calo del 3%, segnalando un indebolimento della fiducia degli investitori nell’industria automobilistica europea. La frenata è dovuta sia a una domanda ancora incerta e scorte elevate, sia alla crescente competizione sui costi di produzione, soprattutto dall’Asia. “La transizione all’elettrico richiede ancora ingenti investimenti, mentre le tensioni commerciali tra Europa e Stati Uniti e la concorrenza asiatica stanno aggravando la pressione sul settore,” spiega il professore. Anche il comparto tecnologico è stato penalizzato, con STMicroelectronics in calo del 3,7% dopo le dimissioni di un alto dirigente. Sebbene l’evento sia circoscritto, in un mercato attualmente sensibile alle valutazioni, ha alimentato incertezze sulla stabilità della governance aziendale.

Riconsiderare il rischio: spazi di manovra, resilienza settoriale e struttura di mercato

Nonostante la correzione, il professor Farnese ritiene che “non si siano ancora manifestati rischi sistemici nel mercato italiano, ma si sta accumulando scetticismo sulle ragioni della precedente fase di crescita.” I tre fattori che avevano sostenuto il rally dell’FTSE MIB—prospettive di stimoli fiscali, aspettative di politica monetaria accomodante da parte della BCE e speranze di distensione geopolitica—sono stati tutti messi in discussione questa settimana: 1.Limiti di bilancio e stimoli fiscali selettivi: la politica espansiva della Germania potrebbe favorire i Paesi core dell’Eurozona, ma avrà un impatto limitato sulle economie più fragili come l’Italia, che deve bilanciare le proprie spese tra infrastrutture, energia verde e innovazione tecnologica per evitare di essere marginalizzata nella “reindustrializzazione” europea. 2.Effetti marginali dell’allentamento monetario: anche se la BCE riducesse i tassi, l’impatto su consumi, investimenti e utili aziendali sarebbe inferiore rispetto alle precedenti fasi di stimolo, specialmente senza riforme strutturali e un coordinamento politico più efficace. 3.Geopolitica ancora instabile: sebbene la Russia abbia segnalato un temporaneo stop agli attacchi contro le infrastrutture energetiche ucraine, non vi sono ancora prospettive concrete di un cessate il fuoco, lasciando fragile la catena di approvvigionamento globale e l’equilibrio dei prezzi dell’energia. Società come Enel potrebbero beneficiarne nel breve periodo, ma investimenti a lungo termine richiederanno un’evoluzione del mix energetico più che una pausa nella crisi.

La correzione non è una fine, ma l’inizio di una ridefinizione delle strategie di crescita

Questa fase di mercato offre agli investitori l’opportunità di rivedere le dinamiche economiche e settoriali. Come sottolinea il professor Farnese: “Dai limiti dell’allentamento monetario alle conseguenze delle tensioni commerciali, fino alla capacità di adattamento dei singoli settori, il mercato sta entrando in una fase di transizione, passando da una logica speculativa a un’analisi strutturale più attenta.”