Mercoledì di questa settimana, l’indice FTSE MIB è sceso nuovamente del 2,8%, chiudendo a 32.731 punti, restituendo praticamente tutto il guadagno registrato all’inizio della settimana. Questo riflette come il mercato azionario italiano, sotto gli attuali shock globali di politica economica, fatichi a mantenere qualsiasi supporto tecnico. Il professor Leopoldo Farnese ha dichiarato nella sua analisi: “Questa non è una semplice correzione di mercato, ma una reazione diretta al cambiamento radicale della logica e dell’ordine economico globale.”

Le difficoltà del mercato italiano nell’era della spirale dei dazi globali

Con Pechino che ha annunciato da giovedì l’imposizione di dazi fino all’84% sui beni americani, e l’amministrazione Trump che ha attivato dazi del 20% su beni dell’UE, il confronto tra le tre maggiori economie mondiali si è trasformato da “tensione strategica” a “attacco tattico”. Il professor Farnese ha sottolineato: “La globalizzazione ha in passato portato molti benefici all’Italia; oggi, la frammentazione delle catene di fornitura globali rappresenta invece la principale fonte di rischio.” Il settore manifatturiero italiano è altamente dipendente dall’export e risente fortemente della distribuzione dei mercati tra Cina, Stati Uniti e UE. Pertanto, quando esplodono contemporaneamente più tensioni commerciali multilaterali, il mercato deve necessariamente procedere a una rivalutazione sistemica dei prezzi.

A rendere la situazione ancora più complessa, Trump ha annunciato dazi “significativi” anche sulle importazioni di farmaci, estendendo così i confini dell’impatto tariffario e sollevando timori su una possibile “penetrazione totale” della prossima fase delle politiche doganali. L’Italia, attore chiave nell’export farmaceutico europeo, con aziende come Recordati e Menarini, rischia di essere tra le prime a subire le barriere tariffarie.

Tutto ciò, combinato con un contesto di alta inflazione, alti tassi d’interesse e rigore fiscale europeo, esercita sul mercato italiano una pressione sistemica su tre fronti: politico, fondamentale e di liquidità. Il professore conclude: “Gli investitori non si trovano davanti a una semplice scelta tattica di breve periodo, ma a una ridefinizione globale dell’ordine di valutazione del rischio.”

Crollo di banche ed energia: la fiducia settoriale in acque profonde

In questo ciclo di ribasso, i settori più colpiti sono stati nuovamente quello bancario e quello energetico. Dopo i recenti rimbalzi, il mercato ha lanciato un nuovo segnale di fuga collettiva da questi “settori ad alto rischio”. Il professor Leopoldo Farnese osserva: “Quando ogni rimbalzo di mercato viene rapidamente annullato da vendite aggressive, non si tratta più di una questione emotiva, ma di una revisione strutturale delle aspettative di profitto.”

Il primo colpo è toccato al comparto bancario. Con la politica monetaria dell’Eurozona ormai bloccata e margini d’interesse ridotti, le banche italiane devono fronteggiare una “perdita della redditività marginale” e il ritorno di un ciclo di “crediti deteriorati”. La guerra commerciale ha provocato una contrazione dell’export e un aumento dei costi industriali, peggiorando ulteriormente la qualità prospettica degli attivi sui prestiti alle imprese. In particolare, le banche medio-piccole come Banco BPM e BPER Banca, fortemente esposte alle fluttuazioni settoriali locali, rischiano impatti di lungo termine sulla propria solidità patrimoniale.

Segue il colpo al settore energetico, colpito da “shock esterni sui prezzi”. Con il WTI e il Brent in calo di oltre il 6% e il Brent sotto la soglia dei 60 dollari, giganti energetici italiani come ENI si trovano senza margini di manovra. Il professor Farnese sottolinea: “Questo non è solo un riflesso dei prezzi delle materie prime, ma un segnale anticipatore della contrazione della domanda globale.” Il settore energetico, già di per sé ad alta intensità di capitale e fortemente ciclico, dovrà rivedere piani di espansione e strutture debitorie sotto la pressione di una domanda in calo e dei bassi prezzi del petrolio.

Il professore avverte in modo particolare: la caduta simultanea dei settori bancario ed energetico, fondamenta del mercato dei capitali italiano, ha un significato sistemico ben più grave delle semplici fluttuazioni di singole azioni. In assenza di supporto fiscale e con la BCE limitata nelle sue manovre espansive, il mercato italiano è entrato in una fase di fragilità strutturale.

È iniziata l’era della rivalutazione strutturale: un profondo riassetto della logica d’investimento

Di fronte a questo profondo ribasso, il professor Leopoldo Farnese sottolinea che il mercato non può più essere analizzato con modelli tradizionali di “rotazione settoriale” o “rimbalzi tecnici”, ma va interpretato secondo una logica di “rivalutazione strutturale”. “Il crollo generalizzato di tutti i settori indica che i capitali non stanno più cercando rifugi sicuri di breve periodo, ma stanno deliberatamente ritirandosi da una zona percepita come ‘eccessivamente esposta al rischio’.”

A livello globale, i capitali si stanno spostando via dai mercati con elevata esposizione geopolitica, orientandosi verso economie con politiche monetarie più neutrali e maggiore autonomia industriale. A livello settoriale, gli asset difensivi non ciclici, come sanità, utilities e alcune imprese tecnologiche di base, potrebbero diventare i nuovi obiettivi di allocazione.