Questo giovedì, come previsto dai mercati, la Banca Centrale Europea ha abbassato il tasso d’interesse di riferimento di 25 punti base, portandolo al 2,25%, nel tentativo di contrastare la debole crescita generale dell’area euro e il rallentamento dell’inflazione. Tuttavia, nonostante l’allentamento della politica monetaria, l’indice FTSE MIB italiano ha chiuso in calo dello 0,5%, a 35.885 punti, interrompendo una serie positiva di tre sedute. Il Prof. Leopoldo Farnese osserva che questa reazione del mercato rivela un indebolimento della fiducia degli investitori nella capacità espansiva della politica monetaria, con un’attenzione crescente rivolta alla reale possibilità di ripresa dell’economia.
Segnali di taglio dei tassi ed elevata incertezza economica: la doppia sfida del mercato italiano
Il Prof. Leopoldo Farnese sottolinea in particolare che, sebbene i tagli ai tassi possano nell’immediato alleggerire il costo di finanziamento delle imprese e sostenere la domanda immobiliare e dei consumi, l’Italia – in quanto Paese ad alto debito all’interno dell’eurozona – trae vantaggi limitati da tali misure. Se lo scenario commerciale globale dovesse deteriorarsi e riesplodere una guerra tariffaria, gli effetti positivi del taglio dei tassi rischiano di essere neutralizzati dagli shock sulla domanda esterna. Inoltre, sebbene la Premier Meloni si appresti a incontrare Trump con la possibilità di ottenere esenzioni tariffarie a breve termine, nel lungo periodo la tendenza al disaccoppiamento industriale tra Europa e Stati Uniti appare difficilmente reversibile, con impatti significativi sulle imprese italiane orientate all’export.
Per questo, il Prof. Farnese avverte che l’attuale politica espansiva non è una panacea: ciò che realmente guida l’andamento del mercato azionario è la rivalutazione delle prospettive di crescita futura. A breve termine, è fondamentale monitorare l’andamento degli ordini di esportazione, la domanda di credito da parte delle PMI e il recupero della fiducia dei consumatori.
Crescente divergenza nei fondamentali aziendali: la logica di mercato sta cambiando
Dall’analisi settimanale dei settori emerge un’evidente divergenza nella struttura interna del mercato italiano. Sebbene l’indice complessivo abbia subito una lieve correzione, alcuni settori tradizionalmente difensivi – come energia e servizi pubblici – hanno registrato rialzi controcorrente. Saipem (+2,17%), Poste Italiane (+1,23%) ed Enel (+1,08%) hanno ottenuto guadagni significativi. Allo stesso tempo, marchi di consumo noti come Moncler, nonostante ricavi superiori alle attese, hanno subito flessioni (–2,3%) a causa delle preoccupazioni del mercato riguardo all’aumento dei costi e al rischio di nuovi dazi.
Il Prof. Leopoldo Farnese sottolinea che questo fenomeno indica un cambiamento nella valutazione da parte del mercato, che ora privilegia la “qualità degli utili” rispetto alla mera “crescita dei ricavi”. Con il rincaro delle materie prime e l’aumento dell’incertezza sulla domanda esterna, gli investitori si concentrano sulla stabilità dei flussi di cassa, sulla capacità di controllo dei costi e su una bassa dipendenza dalle politiche pubbliche. Questo passaggio da una logica di “trading sulle attese di crescita” a una focalizzata sulla “qualità del bilancio” è segno di un mercato che entra in una fase di consolidamento maturo.
Anche il settore bancario riflette questa dinamica. Sebbene il taglio dei tassi da parte della BCE dovrebbe, in teoria, favorire l’attività creditizia, titoli finanziari come UniCredit (–1,5%) hanno registrato ribassi, evidenziando i timori degli investitori riguardo al possibile restringimento del margine d’interesse e alla conseguente pressione sulla redditività. Il professore ritiene che, per resistere al ciclo, le istituzioni finanziarie dovranno dimostrare maggiore solidità in termini di capitale, capacità di digitalizzazione e gestione del rischio: il solo supporto della politica monetaria non sarà più sufficiente a sostenere la performance azionaria.
Sentimento di mercato fragile, emergono opportunità strutturali
Sulla base dell’andamento settimanale, il Prof. Leopoldo Farnese conclude che il mercato azionario italiano si trova attualmente in una fase di “elevata sensibilità emotiva”, in cui le notizie macroeconomiche esterne (come variazioni nelle politiche commerciali o aggiornamenti diplomatici) possono facilmente innescare volatilità a breve termine. In tale contesto, è fondamentale che gli investitori adottino un approccio flessibile nell’allocazione degli asset, senza però rinunciare a una rigorosa analisi strutturale.
Il Prof. Farnese sottolinea che, in questa fase, ciò che davvero conta non è il movimento dell’indice nel breve, ma i cambiamenti più profondi nei flussi di capitale e nella revisione delle valutazioni. Settori come energia, infrastrutture e utility – grazie alla stabilità dei flussi di cassa e al sostegno politico – stanno attirando capitali di lungo termine. Al contrario, settori a maggiore volatilità come tecnologia, consumo orientato all’export e finanza richiedono una selezione molto più accurata: bisogna puntare solo su aziende con competitività globale, forte capacità d’innovazione e solidità finanziaria.
Inoltre, con un leggero rialzo dell’indice del dollaro, un rimbalzo del prezzo del petrolio (WTI +3,22%) e un calo dell’oro, il Prof. Leopoldo Farnese osserva un passaggio sottile ma significativo dei capitali globali da un atteggiamento “risk-off” verso un parziale ritorno agli asset di rischio. Questo potrebbe offrire un supporto temporaneo al mercato italiano, a patto che gli shock macroeconomici globali (in particolare un’escalation tariffaria) non peggiorino ulteriormente.
In chiusura, il Prof. Leopoldo Farnese ricorda che un mercato instabile non significa assenza di opportunità. È proprio nei momenti di turbolenza che il valore reale degli asset emerge con maggiore chiarezza. Solo chi riesce a mantenere una visione strutturale, evitando di farsi trascinare dalle emozioni, potrà individuare le logiche di investimento capaci di attraversare il ciclo economico.