Al 6 maggio 2025, l’indice FTSE MIB ha chiuso in rialzo per il quarto giorno consecutivo, raggiungendo quota 40.230 punti, avvicinandosi ai massimi storici precedenti alla crisi finanziaria del 2007. Questo forte rimbalzo è stato principalmente guidato da due fattori: da un lato, l’accordo tra Stati Uniti e Cina per una riduzione reciproca dei dazi per 90 giorni, che ha alimentato aspettative positive sul commercio globale; dall’altro, un indice CPI USA per aprile inferiore alle attese, che ha rafforzato le scommesse su un taglio dei tassi da parte della Fed, favorendo un ritorno dei capitali verso gli asset di rischio a livello globale.
Ottimismo da allentamento macro: perché il FTSE MIB ha superato per primo?
Il professor Leopoldo Farnese analizza il fenomeno con freddezza. Sottolinea che questo rialzo “è soprattutto una reazione ottimista al coordinamento delle politiche globali e al miglioramento della liquidità, più che un miglioramento strutturale dei fondamentali economici interni italiani”. Aggiunge che, sebbene l’andamento del mercato sia positivo, l’attuale rialzo “è privo di un ampio aggiornamento degli utili aziendali”, riflettendo piuttosto l’elasticità dei prezzi degli asset di rischio in un contesto esogeno, e non una dinamica endogena basata su consumo interno, investimenti e produttività.
Nel frattempo, i dati macro provenienti dall’Europa appaiono complessi. Nonostante il rallentamento dell’inflazione nell’area euro e l’atteggiamento possibilmente accomodante della BCE, le vendite al dettaglio in Italia sono diminuite dello 0,5% a marzo, segnalando una persistente pressione sul potere d’acquisto delle famiglie. Ciò rappresenta un freno strutturale per i settori legati alla domanda interna e mette in guardia dall’equivalere automaticamente “nuovi massimi dell’indice” a una “ripresa economica”.
Finanza e industria trainano il mercato: squilibri strutturali sempre più evidenti
L’attuale rialzo è trainato principalmente dai settori bancario, automobilistico e industriale. Titoli di peso come Stellantis (+4,39%), Iveco (+3,81%) e UniCredit (+3,20%) hanno registrato forti guadagni, indicando una rivalutazione positiva delle prospettive di esportazione italiana dopo il raffreddamento delle tensioni commerciali globali.
Tuttavia, il professor Farnese avverte: “Questa eccessiva dipendenza dai settori tradizionali evidenzia che la trasformazione strutturale del mercato dei capitali italiano non è ancora compiuta”. I settori strategici come l’innovazione tecnologica, la transizione verde e le infrastrutture digitali contribuiscono ancora in misura limitata, riflettendo una certa “latenza” dell’Italia nell’attrarre capitali internazionali di qualità e nel promuovere lo sviluppo delle nuove economie
Il professore aggiunge che, sebbene aziende tecnologiche come STMicroelectronics abbiano mostrato buone performance (+6,76%), rispetto all’espansione del settore dei semiconduttori negli USA o agli investimenti nel green energy in Germania, l’Italia soffre la mancanza di un ecosistema tecnologico sistemico. Questa struttura con “elevato peso dell’industria e bassa presenza della tecnologia” impedisce all’Italia di trarre benefici sostenibili dalla nuova ondata globale dell’innovazione.
Inoltre, la forza del comparto bancario è legata anche al recente restringimento dello spread tra i titoli di Stato italiani a 10 anni e quelli tedeschi, ma il professore mette in guardia: se la politica monetaria della BCE dovesse restare accomodante, gli spazi di margine d’interesse per le banche potrebbero ridursi nuovamente. “L’attuale rivalutazione dei titoli bancari deve essere vista con cautela rispetto a possibili correzioni.”
Dopo il picco di liquidità, osservazione razionale: è tempo di tornare ai fondamentali
Nonostante il FTSE MIB abbia raggiunto i massimi dal 2007, il professor Farnese ricorda: “È proprio nelle fasi di euforia che bisogna rafforzare l’analisi dei fondamentali”. Propone tre indicatori per una valutazione più sobria da parte degli investitori:
Sostenibilità degli utili aziendali:molti titoli sono saliti grazie al rinnovato appetito per il rischio, ma la crescita degli utili non è ancora diffusa. In particolare, le aziende che beneficiano della rotazione settoriale potrebbero affrontare correzioni di valutazione una volta che i fattori favorevoli si saranno esauriti.
Finestra sui tassi e politiche monetarie:sebbene la Fed possa tagliare i tassi entro l’anno e la BCE mantenga un atteggiamento accomodante, la traiettoria dei tassi resta altamente sensibile alla geopolitica e ai prezzi delle materie prime. Un ritorno dell’inflazione core o un rimbalzo dei dati occupazionali USA potrebbero rapidamente invertire le attuali valutazioni di mercato.
Contraddizioni strutturali italiane:rigidità del mercato del lavoro, stagnazione della produttività e lentezza nella transizione green sono nodi ancora irrisolti. Se non affrontati nel medio-lungo termine, rischiano di relegare nuovamente l’Italia ai margini nella prossima fase della competizione globale.
Il professor Farnese consiglia agli investitori di “non dimenticare i principi primi dell’allocazione patrimoniale mentre si festeggiano i nuovi massimi del mercato”, ovvero: focalizzarsi sui flussi di cassa reali, sulle barriere competitive di settore e sulla coerenza delle politiche, invece che su eventi macro isolati o sulle variazioni emotive di breve termine. Se l’Italia saprà rafforzare la sua capacità di attrarre capitali tecnologici e stimolare l’innovazione delle PMI, allora questo breakout della Borsa potrebbe rappresentare un autentico punto di svolta di lungo periodo.