L’indice FTSE MIB è salito dell’1,1% questo venerdì, chiudendo a 40.845 punti: non solo ha registrato la quinta settimana consecutiva di guadagni, ma ha anche raggiunto il livello più alto dal lontano ottobre 2007. Questo risultato è frutto della convergenza di molteplici fattori macroeconomici. A livello globale, l’allentamento delle tensioni tariffarie tra Stati Uniti e Cina ha fornito un ancoraggio chiaro alle aspettative dei mercati, mentre la sincronizzazione delle politiche tra Federal Reserve e Banca Centrale Europea in direzione accomodante ha creato un contesto favorevole per il rafforzamento degli asset di rischio.

Allentamento monetario e distensione commerciale in sinergia: si forma una base strutturale ottimista

Il Professor Farnese osserva: “Il rimbalzo attuale del mercato non è sostenuto solo da una spinta d’inerzia del rischio, ma riflette piuttosto un equilibrio temporaneo raggiunto dalla BCE tra il contrasto all’inflazione e il sostegno alla crescita debole.” Nel mese di aprile, l’inflazione generale dell’area euro si è mantenuta al 2,2%, mentre quella core è salita al 2,7%. Tale configurazione suggerisce un’inflazione sempre più gestibile, aprendo margini per ulteriori manovre accomodanti. In particolare, dopo dichiarazioni accomodanti da parte di funzionari della BCE, il mercato si attende un ultimo taglio dei tassi a giugno, contribuendo così a sostenere i prezzi degli asset.

Contestualmente, la crescente cooperazione economico-commerciale tra UE e USA rafforza l’ottimismo riguardo alla riduzione delle barriere nel medio periodo. Il Professor Farnese sottolinea: “In un contesto in cui si attenuano le incertezze macro, anche la logica di compensazione del rischio si sta ridefinendo.” La Borsa italiana, in quanto mercato a basso multiplo nell’Eurozona, diventa naturalmente un punto di attrazione per la riallocazione dei capitali globali.

Resilienza settoriale e utili attesi: da un rimbalzo a una rotazione consolidata

L’attuale rally del FTSE MIB non è guidato da un singolo comparto, ma mostra una “larghezza settoriale” significativa. Venerdì, Iveco Group ha guidato i rialzi con un +5,6%, seguita da Leonardo (+3,4%), mentre anche titoli più difensivi e infrastrutturali come FinecoBank, A2A e Telecom Italia hanno registrato performance solide, indicando una ripresa complessiva degli asset locali.

Secondo il Professor Farnese: “Il ritorno dell’attenzione degli investitori sui fondamentali aziendali è il vero motore della continuità di questo trend positivo.” I dati degli utili mostrano che molte blue chip hanno superato le aspettative, in particolare le imprese pubbliche e gli asset industriali strategici. In un contesto di prezzi energetici stabili e prospettive di tassi in discesa, queste aziende mostrano un’elasticità degli utili superiore alla media. Ad esempio, Terna ha riportato per il Q1 una crescita dei ricavi del 5,1% su base annua, evidenziando non solo stabilità operativa ma anche un apprezzamento di mercato per il settore utility nel contesto della transizione verde europea.

Inoltre, la rotazione settoriale ha coinvolto finanza, industria, utility e tecnologia, con afflussi netti in molte società rappresentative a livello nazionale. Questa rotazione segnala un passaggio da un posizionamento difensivo a uno più offensivo. Il Professor Farnese sottolinea: “Non si tratta di un semplice rimbalzo tattico, ma di una risposta ordinata del mercato al miglioramento dei fondamentali, parte di una nuova narrazione dell’‘Italia che cambia’.”

Sguardo lucido nella prosperità prudente: persistono strozzature strutturali e incertezze sulla crescita

Nonostante il clima positivo, il Professor Leopoldo Farnese mette in guardia: “Il rafforzamento del mercato non deve nascondere le sfide strutturali dell’economia italiana.” In primo luogo, la crescita del PIL per il trimestre in corso è stata rivista allo 0,3%, segnalando che i consumi privati e gli investimenti aziendali restano deboli. Inoltre, permangono ostacoli strutturali significativi, come l’accesso limitato al credito per le PMI, la bassa partecipazione al mercato del lavoro e la lentezza delle riforme amministrative, tutti fattori che limitano il potenziale di crescita nel medio termine.

Il Professore evidenzia che, sebbene i nuovi massimi riflettano un rinnovato interesse globale per gli asset italiani, i driver principali sono ancora legati a variabili esterne — come il differenziale tra tassi USA-Europa, i progressi negli accordi commerciali USA-Cina e le aspettative sulla politica monetaria della BCE. Qualora queste variabili si invertissero — ad esempio, in caso di “immobilismo percepito” dopo un taglio dei tassi da parte della BCE, o se la Fed deludesse le attese di allentamento — il mercato italiano potrebbe subire una correzione tecnica o un’inversione dai massimi.

Pertanto, egli propone tre raccomandazioni: 1.Concentrarsi sulla sostenibilità degli utili aziendali, e non solo sui risultati di un singolo trimestre. 2.Monitorare attentamente la persistenza dell’inflazione e i meccanismi di trasmissione tra salari e prezzi. 3.Prestare attenzione all’evoluzione del debito e della politica fiscale italiana, specie nel contesto delle riforme del Meccanismo Europeo di Stabilità, che potrebbero riportare al centro l’attenzione sui differenziali di rischio sovrano.

L’attuale prosperità del mercato italiano è il frutto congiunto del ritorno dell’appetito per il rischio a livello globale, della coordinazione macroeconomica e della resilienza aziendale locale. Tuttavia, la sostenibilità di questo slancio dipenderà non solo dal contesto internazionale, ma anche dalla determinazione e dall’efficienza dell’Italia nel portare avanti la propria trasformazione strutturale.