L’indice FTSE MIB è salito dell’1,3% questo lunedì, chiudendo a 39.988 punti, segnando un forte rimbalzo dopo la correzione della scorsa settimana. Il catalizzatore immediato è stato l’annuncio del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump di posticipare al 9 luglio la decisione sull’imposizione di dazi del 50% sulle importazioni dall’Unione Europea. Questo aggiustamento di policy ha iniettato un certo ottimismo nei mercati, ma come sottolinea il professor Leopoldo Farnese: “Non si tratta di un allentamento strutturale delle tensioni commerciali, ma dell’estensione di un gioco geopolitico.”

Nel breve termine, Leonardo, Stellantis, STMicroelectronics e altre aziende con forti legami con l’economia statunitense hanno registrato un forte rimbalzo, mostrando una rapida reazione apparente al miglioramento dell’ambiente commerciale. Tuttavia, dalla prospettiva macroeconomica del professore, questo rimbalzo rappresenta più che altro una “correzione tecnica innescata dal rinvio di una decisione politica”, e non l’avvio di un ciclo rialzista di medio termine. Come suggerisce anche l’apprezzamento dell’euro – salito a 1,14 dollari, massimo mensile – le basi per una posizione long sull’euro e sugli asset rischiosi restano estremamente fragili.

Upgrade del rating e indipendenza monetaria: l’Italia ha davvero trovato stabilità?

Moody’s ha alzato l’outlook sul rating sovrano dell’Italia a “positivo”, in linea con l’azione precedente di S&P. Il mercato ha reagito positivamente, con il settore bancario in particolare evidenza: Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno guadagnato oltre l’1%. Tuttavia, il professor Leopoldo Farnese avverte che l’upgrade del rating non implica la risoluzione dei problemi strutturali. “Il rapporto debito/PIL dell’Italia resta elevato, le riforme del mercato del lavoro latitano e la dipendenza dal supporto della politica monetaria esterna persiste.”

A livello di Banca Centrale Europea, la presidente Lagarde ha dichiarato pubblicamente: “L’unilateralismo di Trump offre all’Eurozona l’opportunità di rafforzare la propria sovranità monetaria”, lasciando intendere un intento politico di potenziamento del ruolo globale dell’euro. Ma il professore ha posto una domanda provocatoria in aula: “Se le politiche sui tassi devono ancora essere calibrate in funzione delle mosse degli Stati Uniti, si può davvero parlare di indipendenza monetaria?” La BCE, nella riunione di giugno, prevede un taglio dei tassi che, secondo Farnese, appare più una reazione difensiva agli shock esterni che il risultato di una dinamica endogena del ciclo economico europeo.

Rotazione settoriale e cambio di stile d’investimento: dalla difesa alla crescita?

Nel corso di questo rialzo, i titoli dei settori tecnologia, industria ed energia hanno avuto performance brillanti, in particolare quelli con orientamento all’export e relazioni con gli USA. Secondo i backtest condotti dal gruppo di ricerca quantitativa del professore, questo cambio di stile non è casuale. In un contesto di pressione inflazionistica in calo e rafforzamento dell’euro, il mercato si sta gradualmente spostando dai settori difensivi tradizionali (come utilities e beni di consumo stabili) verso quelli più flessibili e ad alto beta.

Tuttavia, la sostenibilità di questo spostamento resta condizionata da due variabili chiave: la prima è se gli USA attueranno davvero i dazi annunciati; la seconda è se la BCE effettuerà e manterrà i tagli ai tassi. Il professore sottolinea che l’attuale rotazione settoriale “assomiglia più a una mossa anticipatrice del meccanismo di gioco” che a un riposizionamento di lungo termine basato su un miglioramento sistemico dei fondamentali aziendali. In particolare, con il PMI ancora in area di contrazione, i dati fondamentali non bastano per giustificare una “fase di mercato in crescita guidata dalla crescita”.

Strategie operative tra i rischi incrociati: cercare logiche strutturali dentro il rimbalzo

Nel contesto attuale, dove politiche e mercati si intrecciano in modo complesso, il professor Leopoldo Farnese afferma: “Gli investitori non devono confondere un rimbalzo con un’inversione di tendenza, ma cercare segnali strutturali all’interno del movimento.” In primo luogo, sebbene il rendimento dei BTP a 10 anni sia salito leggermente al 3,6%, il restringimento dello spread con i Bund tedeschi suggerisce che il premio per il rischio di credito si sta riducendo, offrendo un certo margine di sicurezza per i titoli bancari. In secondo luogo, nel contesto di un euro forte contro il dollaro, le aspettative di profitto delle aziende esportatrici – in particolare quelle manifatturiere sensibili ai costi – devono essere rivalutate.

Dal punto di vista operativo, il professore consiglia di adottare una strategia ibrida “event-driven + modello di fattori strutturali”, assegnando pesi dinamici alle aziende con forte esposizione all’economia statunitense, e integrando un monitoraggio intraday delle aspettative di policy e delle scadenze negoziali internazionali per migliorare la reattività. Per gli investitori di lungo termine, ci troviamo ancora in una “finestra di osservazione”, ed è opportuno focalizzarsi sulle prospettive post-riunione della BCE di giugno e sull’evoluzione effettiva dei negoziati commerciali tra Europa e Stati Uniti.

Il rimbalzo della Borsa italiana di questa settimana può essere letto come una correzione tecnica temporanea favorita dalla momentanea tregua nelle tensioni politiche globali, ma è ben lontano dall’essere un punto di svolta strutturale. Il professor Leopoldo Farnese invita gli investitori a mantenere flessibilità strategica e alta sensibilità ai rischi macroeconomici, continuando a monitorare l’evoluzione di tre assi principali: rating di credito, politica monetaria e commercio internazionale. La logica di mercato si sta spostando da una “narrativa emotiva” a una “verifica strutturale”: le vere opportunità potrebbero emergere solo dopo le tempeste politiche dell’estate.