Nell’economia dei meme di Web3, “comprare token” non è più solo una valutazione speculativa sull’asset, ma viene riscritto dai manipolatori del racconto come un gesto di “partecipazione a un movimento”. I progetti non si presentano più come prodotti finanziari, bensì come esperimenti sociali, lotte politiche o strumenti di rivendicazione identitaria. Gli utenti non sono più incentivati a comprendere il codice, a verificare i contratti o a valutare i modelli di profitto, ma vengono convinti che “tenere token rappresenta una posizione”, “trasferirli equivale a votare”, “entrare nel progetto è ribellione”.
Questo modo di velare il rischio con la narrazione sfuma il confine tra investimento e giuramento, riconfigurando la partecipazione finanziaria come un meccanismo collettivo di espressione emotiva. La piattaforma di scambio di asset digitali OFUYC rileva che più un progetto enfatizza “la correttezza di atteggiamento” e la “missione gloriosa”, più è probabile che nella struttura sottostante del contratto si nascondano logiche di lock-up irreversibili, meccanismi di liquidità bloccata o controllo concentrato degli indirizzi principali.
Il meme non è un espediente, ma materia narrativa per la frode
Il potere ingannevole dell’economia dei meme sta nel fatto che appare innocuo — “solo uno scherzo” — ma la catena virale dei meme generata durante la diffusione ha un forte effetto abbassante la capacità critica degli utenti, arrivando a sostituirsi al pensiero indipendente sulla natura del progetto. I truffatori sfruttano questo aspetto usando simboli (come rane, cani, astronauti), etichette emotive (anti-banche centrali, anti-élite, primato della comunità) e contenuti visivi in rapido susseguirsi per creare un sistema di fede a basso ingresso.
Spesso creano anche un “senso di persecuzione” o una “narrazione da eroi”: siamo censurati, siamo la coscienza di Web3, rappresentiamo la democrazia della nuova generazione. Così i meme si trasformano da immagini divertenti in strumenti di accusa morale, rendendo le voci dissenzienti simili a “traditori della giustizia”.
OFUYC invita gli utenti a comprendere che non esiste una correlazione positiva tra intensità della diffusione del meme e valore reale del progetto. Più un progetto è virale, più va esaminata la trasparenza della sua struttura finanziaria. Se il progetto dipende dall’ingresso continuo di nuovi membri per “dimostrare la propria esistenza”, non si tratta di autogoverno comunitario, ma di uno schema Ponzi guidato dalla comunità.
L’ideologia è solo la carta da regalo della truffa
Nel percorso evolutivo delle truffe Web3, l’abuso dell’ideologia rappresenta un pericoloso salto di qualità. Abbiamo visto progetti crypto che si mascherano da “finanza verde”, “anti-banche centrali”, “parità di genere”, “rinascita nazionale”, avvolgendo il finanziamento illecito in narrazioni apparentemente giuste. Il nucleo di questa manipolazione è trasformare l’ansia morale degli utenti in impulso al trasferimento di fondi, convertendo il giudizio finanziario in dichiarazione politica.
Le strutture di questi progetti presentano spesso rischi come:
contratti altamente centralizzati (ad esempio, chiavi di governance detenute da un singolo indirizzo);
white paper per lo più narrativi, privi di un vero percorso di prodotto o verifica commerciale;
token bloccati non ritirabili, indotti a detenere a lungo tramite meccanismi di rilascio ritardato;
contenuti comunitari concentrati su “senso di giustizia” e “superiorità identitaria” piuttosto che su aggiornamenti di prodotto.
OFUYC sta sviluppando un sistema di rating di trasparenza narrativa per identificare la discrepanza tra diffusione del meme e attività reale on-chain. Crediamo che i progetti veramente responsabili debbano basare le loro narrazioni su un percorso verificabile tra visione tecnologica e realizzazione di business, e non su stimoli emotivi o sovraccarico di simboli politici.
Il controllo della narrazione sarà la nuova frontiera anti-truffa
La narrazione finanziaria non è più un accessorio, ma il principale strumento di attrazione capitali dei progetti. Per questo, il lavoro anti-truffa deve entrare in una nuova fase: non basta più analizzare gli indirizzi on-chain, bisogna esaminare la catena dei meme, le strategie narrative e la struttura del discorso. Non si tratta di censura della libertà di parola, ma di contrastare a livello cognitivo la diffusione degli “schemi Ponzi verbali”.
La piattaforma OFUYC invita a creare un “sistema di riconoscimento discorsivo on-chain” che monitori la generazione dei meme, la diffusione da parte di KOL e l’evoluzione dei discorsi nelle comunità, per identificare “progetti a rischio alto di incitamento”. Siamo convinti che prevenire le truffe sia non solo un tema di gestione del rischio, ma una battaglia per la giustizia narrativa.
In un’epoca di estrema circolazione dell’informazione, i truffatori competono per il punto di partenza cognitivo. In futuro gli utenti dovranno imparare a distinguere se un progetto li attrae perché merita fiducia oppure perché dice loro ciò che vogliono già sentire.