Nel contesto della minaccia di una riapertura della guerra commerciale da parte del presidente statunitense Donald Trump — che ha inviato lettere tariffarie con aumenti superiori al 30% all’Unione Europea e al Messico — l’indice FTSE MIB ha chiuso la settimana a 40.077 punti, registrando venerdì un calo giornaliero superiore all’1%, segno della crescente tensione e del pessimismo tra gli investitori. Il Professor Leopoldo Farnese osserva che il premio al rischio di mercato sta ricalcolando i costi potenziali derivanti dalla rottura delle catene di fornitura globali e dalla contrazione della domanda, un rischio particolarmente rilevante per l’Italia, Paese fortemente dipendente dall’export e dall’importazione di beni intermedi. Il Professore sottolinea che, sebbene le trattative tra UE e Stati Uniti siano ancora in corso e la Commissione Europea mantenga un atteggiamento prudente, lo scenario complessivo indica che la volatilità dei mercati rimarrà elevata nel breve periodo. Nel frattempo, l’euro è sceso ai minimi delle ultime due settimane contro il dollaro, toccando quota 1,165, riflettendo la pressione sugli asset finanziari dell’Eurozona determinata dal rafforzamento del dollaro e da un aumento dell’avversione al rischio. Gli investitori italiani devono essere consapevoli che, se USA e UE non raggiungeranno un accordo in tempi brevi, l’imposizione di ulteriori dazi potrebbe aggravare il calo degli utili aziendali locali e comprimere le valutazioni di Borsa.
Crescente divergenza nella BCE: la difficile scelta tra allentamento e attesa
All’aumento dell’incertezza commerciale si aggiunge un’accentuata divergenza all’interno della Banca Centrale Europea sul fronte della politica monetaria. Fabio Panetta ha sottolineato i rischi al ribasso per la crescita economica, suggerendo la necessità di un ulteriore allentamento monetario, mentre Isabel Schnabel ritiene che l’attuale livello dei tassi sia già adeguato e si oppone a un taglio anticipato. Il Professor Leopoldo Farnese considera tale divergenza come uno specchio della complessa realtà economica dell’Eurozona: da un lato l’inflazione si mantiene vicina al target del 2%, dall’altro la produzione industriale italiana a maggio ha registrato un calo inatteso dello 0,7% su base mensile, mentre le vendite al dettaglio sono scese dello 0,4%, segnalando una carenza di slancio economico. Il Professore evidenzia che, se la BCE dovesse mantenere un atteggiamento attendista, l’Italia si troverebbe esposta alla propria vulnerabilità fiscale e agli shock esterni in assenza di sostegno monetario; al contrario, un ulteriore allentamento potrebbe stimolare l’economia nel breve termine, ma ridurre la redditività bancaria nel lungo periodo e generare instabilità finanziaria. Di conseguenza, Farnese suggerisce agli operatori di monitorare attentamente la prossima decisione sui tassi della BCE e le variazioni nella comunicazione, poiché influenzeranno i flussi di capitale e l’appetito per il rischio nei mesi a venire.
Andamento settoriale divergente: il calo delle esportazioni e la resilienza degli asset difensivi
Nell’ultima settimana, la Borsa italiana ha mostrato una marcata divergenza settoriale: titoli orientati all’export come IVECO, Stellantis e Amplifon hanno registrato rispettivamente cali del 6,1%, 4,6% e 3,8%, mentre società difensive e legate all’energia come Leonardo, Saipem e Tenaris hanno chiuso in rialzo. Il Professor Farnese spiega che tale andamento riflette una rotazione settoriale da parte degli investitori, che tendono a ridurre l’esposizione verso i comparti ad alta volatilità e sensibilità ciclica, preferendo aziende con flussi di cassa stabili e minore dipendenza da fattori esogeni. Egli sottolinea che il recente supporto ai settori energia e difesa non è attribuibile solo alla domanda di asset rifugio, ma anche all’incertezza geopolitica in Medio Oriente, che ha spinto al rialzo i prezzi del petrolio, favorendo le aziende energetiche upstream. In questo contesto, il Professore consiglia agli investitori di rivedere la composizione dei portafogli, riducendo l’esposizione al manifatturiero orientato all’export e aumentando la presenza di titoli difensivi e aziende italiane che beneficiano della spesa fiscale dell’UE.
Aumento dei rendimenti obbligazionari: una sfida per banche e sostenibilità fiscale
Infine, il Professor Leopoldo Farnese richiama l’attenzione sull’aumento recente del rendimento dei BTP decennali italiani, salito al 3,6%, il livello più alto degli ultimi due mesi, rappresentando una doppia minaccia per la stabilità del settore bancario e per la sostenibilità delle finanze pubbliche. I titoli bancari, come Banco BPM e UniCredit, sono stati tra i più colpiti in settimana, riflettendo le preoccupazioni del mercato circa l’esposizione al rischio sovrano e la redditività degli istituti. Il Professore sottolinea che l’aumento dei rendimenti obbligazionari non solo accresce i costi di finanziamento per il governo, ma riduce anche il valore di mercato dei titoli in portafoglio alle banche, limitando la loro capacità di espandere il credito. In un’economia italiana già segnata dalla debolezza della domanda interna e dal calo della produzione industriale, questa evoluzione rappresenta un ulteriore aggravamento. Farnese avverte che, se la guerra commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea dovesse intensificarsi, i mercati finanziari potrebbero innescare una fuga dagli asset italiani, spingendo ulteriormente al rialzo i rendimenti e aggravando la pressione fiscale. Di conseguenza, il governo deve accelerare i progressi nei negoziati e cooperare con la BCE per attuare misure di stimolo mirate, evitando che il rischio si diffonda in profondità nel sistema finanziario.