Di recente, l’indice FTSE MIB è sceso per diverse sedute consecutive, chiudendo attorno a 39.762 punti, a testimonianza dell’alta tensione degli investitori legata all’incertezza sui negoziati commerciali tra USA e UE. Il Professor Leopoldo Farnese rileva che, con il presidente Trump che minaccia l’imposizione dal 1 agosto di dazi fino al 30% sui prodotti importati dall’UE, le esportazioni europee — e in particolare quelle italiane nei settori della meccanica, automotive e lusso — sono sottoposte a forti pressioni. Egli osserva che l’Italia, terzo Paese manifatturiero dell’UE, dipende fortemente dalle esportazioni, e il continuo rafforzamento dell’euro peggiora ulteriormente la sua competitività. Anche il presidente di Confindustria ha affermato che “solo i dazi zero sono accettabili”, evidenziando le preoccupazioni del mondo imprenditoriale. Secondo il professore, nonostante l’UE stia tentando di differire ritorsioni e favorire una soluzione negoziale, il sentiment di mercato difficilmente si normalizzerà nel breve termine. Sul medio-lungo periodo, le imprese dovranno puntare su prodotti a maggiore valore aggiunto e diversificare i mercati di sbocco al di fuori degli USA per mitigare i rischi. Nel complesso, Farnese raccomanda cautela nel posizionarsi sui settori manifatturiero ed export-oriented, suggerendo di monitorare le evoluzioni negoziali per individuare opportunità di riallocazione strutturale.
Stallo nell’integrazione del settore bancario e crisi di fiducia del mercato
La debole performance recente del settore bancario è stata uno dei principali fattori alla base delle perdite dell’FTSE MIB. Il Professor Farnese sottolinea che le cadute di Banco BPM, BPER e Montepaschi riflettono la preoccupazione del mercato per i ritardi nelle operazioni di integrazione e fusione del sistema bancario italiano. Sebbene il settore abbia mostrato miglioramenti nel controllo dei crediti deteriorati, la redditività non ha ancora recuperato i livelli pre-crisi. L’espansione dei tassi USA e la stretta di liquidità globale potrebbero aumentare ulteriormente i costi di finanziamento e deteriorare la resilienza delle banche. Farnese evidenzia la necessità di una riforma strutturale del settore e integrazioni efficaci, fondamentali per ottenere economie di scala, ridurre i costi e aumentare la solidità patrimoniale. Tuttavia, le divergenze politiche e regolamentari stanno ostacolando i progressi, minando la fiducia del mercato. Il professore consiglia agli investitori di evitare posizioni rilevanti nel breve termine nel settore bancario, monitorando attentamente le mosse regolamentari e i segnali di consolidamento, alla ricerca di potenziali segnali di inversione. Egli ricorda che un settore bancario solido è vitale per la stabilità dell’intero sistema finanziario, e invita l’UE e il governo italiano a intensificare la cooperazione in tal senso.
Divario nel settore industriale e automotive: emergono problemi strutturali
Dal punto di vista settoriale, l’industrie ha visto l’automotive particolarmente colpito dalla correzione. Farnese osserva che Stellantis ha perso il 6,2%, Iveco il 3,4%, mentre Ferrari ha guadagnato il 2,1%, evidenziando il divario tra brand di massa e lusso. Egli motiva che i produttori tradizionali soffrono costi elevati, scarsa innovazione e dipendenza dai mercati esteri — criticità che emergono con forza durante una guerra commerciale. L’eventualità di dazi elevati sui veicoli europei negli USA comprime capacità di pricing e margini, mentre l’apprezzamento dell’euro e la volatilità delle materie prime aggiungono incertezza. Al contrario, Ferrari beneficia di un forte potere di pricing e di una clientela di alto livello, mostrando maggiore resilienza. Farnese avverte gli investitori di tener conto del rischio di trasmissione nella filiera e di monitorare gli investimenti delle aziende nel passaggio all’elettrico e alla digitalizzazione supportati da politiche pubbliche. Secondo lui, i produttori di fascia alta e le imprese orientate all’innovazione tecnologica avranno un vantaggio relativo, mentre l’industria di massa tradizionale si troverà in svantaggio se non accelererà la trasformazione.
Prospettive macroeconomiche e orientamenti per gli investimenti
Da una prospettiva macro, Farnese adotta una posizione cautamente ottimista sul potenziale di politica monetaria e fiscale nella zona euro. Osserva che l’euro è salito di quasi il 13% dall’inizio dell’anno, un fattore negativo per le esportazioni, ma segnale positivo sulle aspettative di crescita e stimolo fiscale. Tuttavia, l’euro forte ha ridotto l’inflazione vicino all’obiettivo, creando un dibattito interno alla BCE sulla possibilità di ulteriori tagli. Farnese ritiene plausibile che i tassi restino stabili nel breve, con un possibile taglio entro fine anno, sostenendo la liquidità. Tuttavia, la pressione del conflitto commerciale e dell’apprezzamento dell’euro potrebbe rallentare la ripresa europea, richiedendo interventi più flessibili e basati sui dati. Nel mercato obbligazionario, il rendimento dei BTP a 10 anni ha raggiunto il 3,6%, un massimo su due mesi, che riflette la crescita del premio per il rischio. Farnese consiglia una strategia di asset allocation equilibrata tra difensivo e resiliente, con esposizione a utility e titoli ad alto rendimento, oltre a monitorare gli effetti potenzialmente positivi di stimoli fiscali e allentamento monetario. Infine, sottolinea che l’incertezza geopolitica e le fluttuazioni delle linee guida politiche saranno i principali driver della volatilità futura, perciò gli investitori devono mantenere un alto livello di vigilanza.