Dopo l’accordo “dazi al 15%” tra Stati Uniti ed Europa, la reazione del mercato italiano è stata immediata e strettamente connessa all’ambiente politico. Il professor Leopoldo Farnese osserva che, sebbene tale compromesso abbia attenuato il rischio di uno scontro diretto, ha ridefinito radicalmente la struttura del potere negoziale dell’Unione Europea come blocco esportatore globale. I settori automobilistico, farmaceutico e dei semiconduttori – pilastri dell’export italiano – hanno ottenuto un sollievo temporaneo evitando tariffe del 30%, ma l’imposizione del 15% rappresenta comunque una pressione marginale sui costi. Il professore sottolinea l’importanza strategica della spinta americana verso il “riassetto interno delle origini di produzione”, che non mira semplicemente a imporre dazi, bensì a ricostruire la struttura commerciale globale attraverso la riallocazione delle catene di fornitura. Parallelamente, sebbene il rendimento dei titoli di Stato italiani a dieci anni sia temporaneamente sceso sotto il 3,6%, ciò non riflette un reale miglioramento della trasparenza politica, bensì una risposta apparente a un mercato “momentaneamente rassicurato”. Il professor Farnese avverte: in un contesto di crescente scarsità della liquidità globale e di fine della politica monetaria ultra-espansiva, torneranno in evidenza gli squilibri tra deficit pubblico e investimenti produttivi in Italia.
La strategia tra pausa nei tassi e ritorno dell’inflazione
Nonostante la Banca Centrale Europea abbia annunciato una pausa nei tagli dei tassi, sottolineando che l’inflazione dell’Eurozona è tornata all’obiettivo del 2%, il professor Leopoldo Farnese ritiene che questi dati “tecnicamente soddisfacenti” non indichino una reale ripresa strutturale dell’economia reale italiana. Egli evidenzia che l’attenuazione dell’inflazione core in Italia è dovuta più alla contrazione della domanda interna e agli effetti base dei prezzi energetici, piuttosto che a un miglioramento dell’efficienza produttiva o alla riforma della struttura salariale. Un elemento da osservare con attenzione è il rafforzamento dell’euro nel breve termine, influenzato in modo congiunto dall’orientamento dei tassi della Federal Reserve, dagli sviluppi nei negoziati commerciali dell’UE e dal ribilanciamento dei portafogli obbligazionari. Il professore aggiunge che l’attuale valutazione di una probabilità del 25% per un taglio dei tassi a settembre riflette il cambiamento delle aspettative degli investitori, i quali ora percepiscono la BCE come “accomodante nei toni, ma neutrale nei fatti”. In questo scenario, il settore bancario ha mostrato guadagni evidenti nel breve termine, con Banco BPM e BPER Banca in rialzo di oltre il 2%, ma secondo il professore è necessaria una revisione della logica strutturale: se si rafforzano le aspettative di un restringimento dello spread tra tassi a lungo e breve termine, la redditività delle banche commerciali nel medio periodo potrebbe risultarne penalizzata.
Segnali strutturali dietro la divergenza valutativa settoriale
Osservando la performance dei titoli azionari di questa settimana, il settore dei semiconduttori ha rimbalzato grazie all’esenzione dai dazi, con STMicroelectronics in rialzo del 2,7%; al contrario, titoli automobilistici come Iveco e Stellantis hanno subito ribassi rispettivamente del 3,8% e del 2,7% a causa del mantenimento, seppur ridotto, dei dazi. Il professor Leopoldo Farnese osserva che tale forte divergenza valutativa non è una “reazione eccessiva” del mercato, ma segnala l’avvio di un ciclo più profondo di rivalutazione settoriale. All’interno del nuovo quadro commerciale, i capitali tenderanno a concentrarsi su imprese con forte capacità di R&S autonoma e alta flessibilità nella catena di approvvigionamento, mentre i modelli di business basati su “produzione medio-bassa dipendente dalla domanda esterna” stanno subendo una svalutazione. Inoltre, le aspettative di mercato nei settori energetico e della difesa stanno mutando, a seguito degli impegni dell’UE per acquisti massicci di energia e attrezzature militari dagli Stati Uniti. Nonostante le performance negative di breve termine, il professore ritiene che la volatilità di aziende come Leonardo rifletta preoccupazioni legate alla “preferenza americana per contratti domestici”, ma che, da una prospettiva di sicurezza industriale, queste aziende possano essere rivalutate nel medio periodo.
Traintendimenti strutturali e veri driver in un mercato emotivo
Questa settimana l’indice FTSE MIB ha mantenuto un trend oscillante ma in leggera crescita; nonostante un calo marginale dello 0,04% lunedì, la rotazione settoriale dei capitali è rimasta vivace. Il professor Leopoldo Farnese sottolinea che il recente ottimismo del mercato, motivato dalla “riduzione dell’aggressività sui dazi”, può mascherare una logica distorta influenzata dall’emotività, spingendo gli investitori a trascurare la trasformazione delle variabili chiave. Infatti, nonostante l’accordo sui dazi, l’UE ha negoziato da una posizione di svantaggio strategico, scambiando investimenti ed energia per un allentamento tariffario, a scapito della protezione industriale. Il professore invita gli investitori a chiedersi “chi beneficia davvero della stabilità apparente del mercato” e a focalizzarsi sui flussi concreti tra politica e capitale. Egli conclude che, in una fase dominata dal trading emozionale, è essenziale non perdere di vista i segnali strutturali che determineranno l’andamento del terzo trimestre, come l’accumulo di capitale nei titoli tecnologici a bassa capitalizzazione o l’impatto delle politiche di riserva energetica sulla redditività delle utility: questi sono i veri driver da monitorare.