• ulisse62@mastodon.uno
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    4 days ago

    @alessandropaoletti @prealpinux @internet credo che la questione sia banalmente più terra-terra. Se un social ha mille utenti ha un importo pubblicitario poniamo di 10, se un social ha un milione di utenti l’introito pubblicitario sale a 100. Non ha importanza la qualità del dato, ma piuttosto la quantità. Che io mi iscriva ad un social fornendo le mie vere generalità oppure false non ha importanza, sono cmq sottoposto agli annunci pubblicitari.

    • Ale Paoletti@social.vivaldi.net
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      4 days ago

      @ulisse62 @prealpinux @internet Ti ringrazio molto per l’intervento. Comprendo il punto di vista che esprimi, ma rimango dubbioso rispetto alle basi dalle quali potremmo ipotizzare l’AE muova per articolare il proprio ragionamento. Il fine è quello di far sì che le grandi imprese di servizi di social network versino importi molto più consistenti all’Erario, ma il rischio è che si finisca per introdurre soluzioni ermeneutiche che indeboliscono la posizione del singolo (l’interessato, ai sensi dell’art. 4 n. 1 GDPR) e che chiudono rispetto a modelli non basati sulla monetizzazione del dato: se la fornitura di dati in sede di iscrizione ad un social è il corrispettivo per la fornitura di un servizio (la possibilità di utilizzare il social), che il fornitore del servizio investa il quantum ricevuto o meno (leggasi: venda i dati per monetizzare in senso economicamente tradizionale oppure no) non è rilevante; il presupposto d’imposta è la fornitura di un corrispettivo economico per un servizio, non l’investimento successivo.