Sabato 06 Marzo 2021, Eraclito disse che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume: gli anni ci insegnano che neppure la religione cristiano-cattolica sfugge al paradigma. Una ponderazione del concetto avvenne più volte nella storia, ad esempio in occasione del Concilio di Trento (1545-1563), del Concilio Vaticano II (1962-1965) e delle revisioni dei Patti Lateranensi (1984). A farlo oggi è il Papa. Quest’ultimo, spinto forse più dall’esigenza storica che dal vero sentimento ecumenico di ogni fedele (tutt’oggi ancora frantumato), incarna lo spirito eracliteo e pone l’amore come finalità e non causa efficiente. Ponti, non muri, la sua filosofia. A sostenerlo indirettamente è il recente virus, una “piaga” che sta rendendo ancora più concreta la necessità del messaggio pontificale. La diffidenza mondiale, una caccia alle streghe che vuole trovare la colonia degli infami, ci sta portando ai secoli bui dell’era digitale. La parola di esperti viene messa costantemente in dubbio dai goblin dell’antro informatico (persone normalissime come me, te, il tuo postino, il falegname sotto casa), dubbiosi della scienza come risposta ai problemi di natura scientifica e vogliosi di trovare più un capro espiatorio che la risoluzione. Questo è uno dei tanti muri posti dell’emergenza globale. Eppure non tutti sono d’accordo: fra questi Papa Francesco. Il senso di costruire ponti dell’attuale pontefice, che più che mai vuole restare umile e vicino alla parola del cristo, ricorda molto l’impegno che mosse Albert Schweitzer (1875-1965) ad agire e spingersi fino a Lambaréné per distinguersi dai suoi contemporanei. Un chiarissimo segno è l’incontro tra il pontefice e l’Ayatollah sciita Ali al-Sistani. La necessità di collaborazione e unione fra le diversità sta diventando una prerogativa dell’essere persone nel mondo e la chiesa di Roma non vuole essere fra le ultime a compiere il grande passo. Ciò non significa annullare le differenze, ma unirle ad un punto di congiunzione pacifica e poterle superare. Non si annienta la tigre di William Blake (e forse lo sbaglio della religione cristiana è negarne l’esistenza), ma possiamo scegliere di metterla a tacere con amore disinteressato, senso di amicizia e arte per la vita. Tutto ciò vuole incarnare Papa Francesco: la rivoluzione del sentimento, che nel suo caso dev’essere effigiato nel senso religioso. Un’impresa, la sua, molto audace e piena di insidie, interne ed esterne, e che, se portata a compimento, potrebbe solo giovare alle persone. Ponti e non muri, per citare nuovamente la filosofia del Gesuita: non si annullano le differenze ma si lavora per smussare le divergenze.
Edwin Rossi, 6 Marzo 2021
(editoriale)

